Il lupino è un legume considerato storicamente come un cibo povero. Eppure sembra sia invece un cibo ricco di elementi nutritivi e organolettici, con buone capacità terapeutiche nel prevenire le malattie cardiovascolari.
Povero in apparenza, ricco di sorprese. Rispetto al passato, quando il lupino era considerato come un vero e proprio simbolo di fame e miseria, oggi è stato notevolmente rivalutato, sia per quanto riguarda gli aspetti legati alla sua coltivazione, sia per quanto riguarda le sue capacità nutrizionali, la sua appartenenza al contesto mediterraneo, ma anche al suo uso in ambito medico e zootecnico.
Un “frutto” della valle dell’Aci. Ciò che conta più di tutto oggi, è la rivalutazione di un legume storicamente riservato ai meno abbienti, molto diffuso nella valle dell’Aci. La zona dedicata alla sua coltivazione era infatti quella di contrada Reitana, in cui cresceva in modo quasi spontaneo o comunque con poca cura e dove esistevano degli stabilimenti che ne curavano la lavorazione al fine di renderlo commestibile. La lavorazione consisteva nel tenerlo a bagno per diversi giorni, sotto abbondante acqua corrente, in modo da farlo ammorbidire dopo la bollitura.
Il lupino oggi. Nella zona è rimasto solo uno stabilimento che custodisce ancora la tradizione del lupino siciliano. Lo si trova in piazza Reitana, nel territorio di Aci Catena, ma anche allo storico mercato acese di piazza Marconi (detto ‘a piscaria).
Le varie versioni. Esistono varie tipologie di lupini e diversi modi di consumazione, scegliendo se gustare quelli duri o quelli morbidi e farinosi, oppure al naturale o aggiungendovi del sale o del succo di limone.
Nel solco della tradizione. Oggi le norme igieniche impongono la loro vendita in sacchetti o vaschette chiuse, mentre nel passato li si poteva trovare sui bachi di vendita in cui venivano presi, anche con le mani, e avvolti nella cartapaglia, che veniva accovacciata a forma di cono rovesciato.
E voi, avete mai assaggiato i lupini di piazza Reitana?